Ogni branca del sapere possiede parole peculiari al punto che possiamo parlare di linguaggio giuridico, medico, matematico, economico e via dicendo.
Il lessico politico, negli ultimi decenni ha smesso i panni austeri che avevano caratterizzato le grandi ideologie dell’ultimo secolo, scegliendo un vocabolario alla portata di ognuno, termini semplici pescati qua e là, quasi familiare.
Un vocabolo di riferimento assoluto è democrazia. Bisogna riconoscere che l’antica istituzione greca (lo stato ellenico risolverebbe i problemi economici se chiedesse un centesimo ad ogni citazione) ha superato indenne la prova dei secoli sebbene qualche fraintendimento, dovuto alla radice demos (popolo), ne abbia insidiato il significato originario (repubbliche denominate democratiche nient’affatto popolari e repubbliche popolari per nulla democratiche). Il sorpasso è comunque netto: l’aggettivo democratico stravince sul popolare, per il vizio congenito di quest’ultimo di mutarsi nell’infido populista.
Tralasciando i più inflazionati, ma pertinenti, sviluppo (di solito abbinato a crescita e progresso), deficit (da ridurre), stabilità (di patti e contratti), innovazione e ricerca (inscindibili), riforme (imprescindibili) che da qualche tempo, curiosamente, ci vengono richiesti o imposti da istituzioni sovranazionali, Europa, Fondo Monetario, Economia globale, Concorrenza dei Mercati etc. proviamo ad elencare le frasi ricorrenti e condivise apparentemente esenti dalle circostanziate tutele extranazionali e possono liberamente riempire, sotto forma di allegorie e metafore, discorsi e ricorsi a responsabilità limitata.
Governi o partiti che (“nauticamente”) hanno vele sgonfie, non impugnano la barra del timone, perdono la rotta, vanno alla deriva, navigano a vista, affondano ma (controsenso) galleggiano. Gastronomicamente, arrivano a mangiare o meno il panettone a Natale (escluse le colombe pasquali), giungono alla frutta, ragionano con la pancia, mancano di sale.
Lo scaltro console romano Menenio Agrippa (493 a. C.), antesignano del dialogo (in verità era un monologo) con la plebe, paragonò lo stato a un corpo umano (ventre e membra) che oggi, grazie alle scoperte scientifiche, è sottoposto a diagnosi precise: balbuzie, afasia, paralisi, fibrillazione, emorragie (sperperi e peculati), zoppia (analogia con le anatre), cecità, deliri (onnipotenza, autosufficienza etc.), agonia, coma o l’allarmante comparsa di arti soprannumerari (gambe). Elettricamente, hanno bisogno di una scossa o che gli sia staccata la spina. Gli artigiani contribuiscono con tavoli (mai nominate le redditizie sedie), piattaforme, laboratori, ponti, doppi forni.
Le stagioni scandiscono autunni caldi, estati balneari a discutere sotto l’ombrellone, possibilmente su un arenile che non sia l’ultima spiaggia. La nobile arte del teatro (altra invenzione greca, da sfruttare!) degenera in siparietti, teatrini, sceneggiate, messinscene e coreografici balletti scanditi da passi indietro, di lato e fughe in avanti, svolte e giravolte; il cinema partecipa con sceriffi e assalti alla diligenza (coda di ogni manovra finanziaria) in un temuto far west, Armate Brancaleone e comiche finali. Il mondo impenetrabile della magia collabora consigliando trasformismi e bacchette magiche (irreperibili). Le ferrovie che sono parte di quelle infrastrutture, perennemente inadeguate, giocano brutti scherzi: presentano improvvisi capolinea o fanno perdere il treno a chi non conosce la propria linea. La vita dei candidati è un vero inferno; prima devono essere legittimati dalla volontà popolare, trovare riscontri nella società civile (distinta da quella incivile, meno educata), elaborare un programma serio, cercare convergenze e maggioranze allargate, affermare qualsiasi cosa senza se e senza ma, evitando le accuse di essere saltato sul carro del vincitore, aver cambiato casacca, essere oggetto della campagna acquisti o aprire botteghe; poi pur parlando quanto più possibile di risorse si guardi bene dal diventare una di queste; significherebbe la sua fine politica…almeno fino a probabili, miracolose rinascite o ripescaggi. Aboliti compagni e camerati, per ovvie ragioni storiche, gli elettori oggi sono confidenzialmente amici o genericamente gente (nostra) e per costituzione, non solo fisica, hanno la parola, con cui il cittadino deluso, può far sentire la sua voce e rinverdire l’inutile, disperata imprecazione: “Piove! Governo ladro!”.
-William