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  • william

Occhio e malocchio



Ammetto di aver sorriso immaginando la scena descritta da R. Kapuściński (1932-2007).

Il grande giornalista polacco, racconta nel suo “Ebano” (Feltrinelli 2002) un episodio, apparentemente inspiegabile, a cui assistette mentre era nel nord Uganda.

Uscito dal suo precario rifugio notturno vide otto uomini, che reggevano una barella con sopra un malato avvolto in un cencio, trotterellare, nascondersi, muoversi velocemente a zigzag, acquattarsi, correre fino al riparo successivo. Le movenze del gruppetto erano talmente misurate e circospette da far nascere centinaia di illazioni, ognuna possibile, tutte illogiche. Il bizzarro comportamento degli Amba, tale era il nome della tribù africana cui appartenevano quegli uomini, suggeriva, se si fosse trattato di un gioco, l’idea del rimpiattino. Malauguratamente per loro l’affare era serissimo: sottrarre il parente o congiunto, colpito da chissà quale affezione, alla malefica influenza di chissà quale perfido genio, onde evitargli una morte prematura. Il modo di agire era frutto di un pensiero lineare, ma i presupposti incoerenti; l’infermità non era provocata da qualche germe patogeno bensì da alcuni nemici, peraltro sconosciuti, i quali per malanimo avevano affidato a qualche demone il compito di eliminarlo. Inutile ogni obiezione: in cima alla sequenza causale (morso di serpente, veleno, morte) c’era l’ultimo collegamento e, senza eccezione, era sempre un tizio malvagio, ad aver messo in moto l’esiziale catena di eventi. Di qui l’urgenza di fuggire dal campo visivo del genio nefasto che, alla stregua di un radar, scandagliava la savana alla ricerca della vittima designata.

I metodi scaramantici degli Amba, eclatanti quanto si vuole, sono l’espressione di un antico, ancestrale timore che tuttora suggestiona immaginazione e azione dei restanti abitanti del pianeta, “civilizzati” compresi.

Il senso della vista, nella sua capacità fisiologica di guardare, include la possibilità volontaria di vedere. Il vedere e l’essere visti costituiscono, perciò, i primi scambi comunicativi negli incontri sociali.

Attraverso gli sguardi passano, di fatto, messaggi che rivelano le intenzioni (e la disposizione d’animo) della persona che ci sta di fronte rendendo, a volte, superflua e deviante ogni informazione verbale.

Non sorprende quindi che lo sguardo sia stato considerato, sin dai primordi, il veicolo primario di “radiazioni magiche” ostili e pericolose, trasmesse mediante il mal-occhio (eloquente il mito di Medusa), da combattere con complicati (e costosi!) rituali difensivi. Per fortuna dalle nostre parti, le procedure apotropaiche si sono ridotte, nel tempo, a piccoli gesti. Se gli Amba devono ricorrere ancora a faticosissimi interventi propiziatori per sconfiggere l’universale, inquietante incubo, da noi sono sufficienti (sarà pur servito a qualcosa l’Illuminismo!) poche mosse furtive per ottenere il medesimo risultato. Ringraziando la natura benigna. che ci ha dotato di amuleti congeniti, il sortilegio casareccio è, oltretutto, sempre disponibile. Può capitare che presenze oscure incrocino i nostri passi, ci lancino un’occhiata, vengano nominate o evocate? Nessun timore! Una toccatina (genitali per l’uomo e seno sinistro con la mano destra per la donna), possibilmente discreta, sembra idonea a fugare l’ombra tetra della iattura. L’importante non è tanto crederci quanto seguire la tradizione: meglio essere cauti!

-William


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