Al pari di un rituale, orfano di una vera fede, e un mito, privo di un dio proclamato, ha varcato, in maniera quasi impercettibile (non vi sono date certe), frontiere nazionali e naturali, ha evitato interdetti alimentari, si è tenuto fuori da imposizioni dogmatiche, si è adattato a molteplici interpretazioni e, senza sollevare risentimenti o partigianerie, si è silenziosamente imposto nelle abitudini giornaliere del pianeta; ognuno ha il proprio modo di amarlo, prepararlo, correggerlo e gustarlo.
Non si sa di preciso quando nacque il caffè.
La leggenda vuole che un pastore Etiope, Kaldi, si accorse che le sue capre, dopo aver mangiato le bacche di una pianta particolare, non riuscivano più a dormire e si dimostravano insolitamente vigili e attive; capì il nesso, raccolse i semi di quell'arbusto, li abbrustolì, li macinò, ne fece un'infusione e finalmente la nuova bevanda venne alla luce, in una regione che milioni di anni prima, bizzarra coincidenza, fu anche la culla del primo uomo.
Prima bevanda ad essere offerta all’ospite che varca la soglia di casa, manifesta tutta la sua eclettica personalità nei locali pubblici dove risaltano i pregi mediatori del caffè, le sue prerogative di catalizzatore di incontri, ristoratore di spiriti depressi e affaticati, regolatore del tempo. Forse proprio a causa della caffeina, noto stimolante del sistema nervoso centrale, alcuni ritrovi storici (Florian di Venezia, Caffè Greco di Roma, Tommaseo di Trieste,etc) sono stati il fonte battesimale di movimenti artistici, letterari, politici; un mondo di idee innovative, originali, rivoluzionarie. Ancora oggi pare siano frequentati ancora da muse ispiratrici.
Assodato il gesto assoluto di concordia attribuito alla sostanza, incuriosiscono i molteplici modi di prepararla e sorbirla.
Di solito l’”espresso”, gustato in mille modi (ristretto, macchiato, gocciato, lungo etc.), scandisce un ritmo di vita veloce, simposi provvisori, pause lavorative, approcci fugaci, brevi intervalli personali, una svelta preghiera. Se di preghiere dobbiamo parlare, il caffè turco assomiglia piuttosto a un rosario, cristiano, musulmano o buddista che sia. Il macinato finissimo (con o senza zucchero), bollito in acqua tre volte nel cevze (bricco di rame), viene versato nelle tazzine; dopo qualche istante la polvere nera si deposita sul fondo della chicchera. Allora si sorseggia lentamente, come una litania che si ripete; infine si mastica e i pensieri appena abbozzati ritornano al vaglio della coscienza ruminante.
-William